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Essere Care Leaver: giovani protagonisti della propria autonomia. La storia di Gaia.

Attraverso la voce e l'esperienza di Gaia, il racconto della sperimentazione nazionale Care Leavers «Crescere verso l’autonomia».

9 Ottobre 2025

Gaia ha 20 anni, oggi vive a Dalmine ed è una care leaverscare leavers sono ragazzi e ragazze che durante la minore età sono stati allontanati dalla propria famiglia di origine e che hanno vissuto parte della loro infanzia in una famiglia affidataria o una struttura di accoglienza. Al compimento dei 18 anni, escono dal sistema di tutela e spesso non ritengono coerente col loro percorso di crescita il rientro nella famiglia di origine: si trovano quindi ad affrontare molte sfide che solitamente i loro coetanei vivono molto più tardi. Sono chiamati ad essere pienamente adulti, anche se adulti non lo sono ancora. «Io sono uscita di casa per la prima volta all’età di tre anni, poi di nuovo ad 11 anni: ero molto piccola e non conoscevo tante cose, altre le ho conosciute nel mio percorso – racconta Gaia -. Ho vissuto per 8 anni fuori dalla mia famiglia di origine e l’ultimo periodo sono stata ospite di una comunità minori a Treviglio». È così che è venuta a conoscenza del progetto di sperimentazione nazionale Care Leavers «Crescere verso l’autonomia»: un’opportunità attivata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che ha l’obiettivo di accompagnare questi giovani care leavers nel loro percorso di autonomia, senza lasciarli soli anche dopo il compimento dei 18 anni. Il progetto da quasi cinque anni è attivo anche nell’Ambito Territoriale Sociale Valle Imagna – Villa d’Almè, promosso dall’Azienda territoriale per i servizi alla persona che si impegna nella sua attuazione a livello locale.

«La prima volta che ho sentito parlare di questo progetto è stato durante una video chiamata nella quale mi stavano proponendo alcune alternative per il mio futuro, in vista del compimento della maggiore età – prosegue Gaia -. Incontrai la responsabile, che mi spiegò che la sperimentazione avrebbe potuto essere per me un’occasione per avvicinarmi al mondo del lavoro così da poter essere autonoma una volta uscita dalla comunità. Non sapevo cosa aspettarmi, ma ho scelto di buttarmi e provarci». Gaia sapeva già che non sarebbe stata sola ad affrontare questa nuova esperienza: al suo fianco, per tutta la durata del progetto, ci sarebbe stato un tutor per l’autonomia. «Il tutor è una figura che ti accompagna e che diventa un riferimento per aiutarti a capire quali scelte fare e quali passaggi sono necessari per riuscire a realizzare il percorso che hai in mente per il tuo futuro. Non è un educatore, è più come un fratello maggiore. Non è quello che ti dà le risposte, ma ti aiuta a comprendere i tuoi bisogni e rispetta i tuoi desideri. Ti è vicino passo dopo passo». Il protagonista resta sempre il ragazzo o la ragazza, che partecipa al proprio processo di crescita e ne è la guida. Il tutor è colui che affianca: sa quando avvicinarsi e quando fare un passo indietro, per permettere al ragazzo di sperimentare, anche l’errore se necessario.

Grazie alla «Borsa per l’autonomia» garantita dalla sperimentazione Gaia ha potuto iniziare e portare a termine un corso di tatuatore frequentato a Milano, della durata di 1.500 ore. «Il progetto mi ha permesso di coltivare una mia passione, che potrebbe diventare ora anche una professione ora che ho ottenuto la certificazione: fin dalle scuole medie ho sempre amato il disegno, alle superiori ho frequentato l’indirizzo di arti figurative a Liceo Artistico. Lì ho scoperto il mondo del tatuaggio che mi ha affascinato». Partecipare al progetto non le ha permesso solo di conseguire un titolo di studio, ma anche di costruire relazioni: duranti gli incontri periodici ha conosciuto molti ragazzi e ragazze che hanno vissuto esperienze simili alla sua, più difficili rispetto al comune. «Ho trovato amici che poi sono rimasti. Insieme abbiamo vissuto esperienze importanti, che hanno consolidato il nostro rapporto».

Oggi Gaia lavora come barista, sta per conseguire la patente ed è alla ricerca di un alloggio autonomo e stabile che le consenta di vivere da sola. Nel frattempo continua a coltivare il suo sogno e la sua passione. «Sogno di continuare a crescere, trovare un lavoro migliore e avere una vita tranquilla. Che non sono cose scontate. La maggior parte dei miei coetanei a questa età non sperimenta ancora l’autonomia, ma noi abbiamo bisogno di una spinta in più rispetto agli altri: viviamo una normalità diversa, il mondo è là fuori che ci aspetta e dobbiamo essere più forti per affrontarlo».

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